Vittorio Arrigoni
A Gaza city, migliaia di persone si sono riversate nelle strade chiedendo la fine delle divisioni fra Fatah e Hamas, ma le forze di sicurezza di Hamas hanno assaltato brutalmente i manifestanti pacifici.
Ieri la Striscia di Gaza si era svegliata sotto un sole splendente, segnale di una nuova stagione alle porte. Stagione politica, più che meteorologica. Quando la sera è andata a dormire si è contata le ossa rotte.
A Gaza city, un ghetto martoriato da bombardamenti israeliani un giorno sì e uno no, sovrappopolato come pochi luoghi sul pianeta, è difficile fare una stima di quante migliaia di persone si sono riversate nelle strade della città ballando, urlando e cantando una sola univoca richiesta: la fine delle divisioni fra Fatah e Hamas. I media locali hanno azzardato la cifra di 300 mila persone, proporzionatamente come se in Italia, in piazza, ne fossero scese dodici milioni.
I problemi non hanno tardato a verificarsi.
Nonostante l’accordo sottoscritto da tutte le fazioni politiche di presentarsi all’appuntamento senza alcuna altra bandiera se non quella palestinese, i ragazzi del movimento 15 marzo che lunedì si sono coricati nelle tende in piazza del monumento al Milite Ignoto, in Jundi, nel centro di Gaza city, al risveglio ieri mattina si sono trovati attorniati da migliaia di militanti con bandiere di Hamas inneggianti al governo della Striscia.
Le provocazioni sono continuate per alcune ore, con alcuni scontri, finché il coordinamento del movimento dei giovani palestinesi ha deciso di lasciare la principale piazza di Gaza city ad Hamas per convogliare in massa a Katiba, dinnanzi all’università Al Azhar.
Migliaia di ragazzi si sono recati ordinatamente nel grosso spiazzo di terra battuta adiacente l’università con l’intenzione di accamparsi per la notte, a oltranza, in attesa dell’impegno di Gaza e Ramallah per soddisfare queste loro richieste:
1 – rilascio di tutti i detenuti politici nelle prigioni dell’Autorità Palestinese e di Hamas
2 – fine delle campagne mediatiche contro le altre fazioni
3 – dimissioni dei governi di Haniyeh e Fayyad per dare vita ad un governo palestinese di unità nazionale che sia l’espressione di ogni fazione politica e rappresenti il popolo palestinese tutto
4 – ristrutturazione dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) in modo da renderla inclusiva di tutti i partiti affinché torni a battersi per lo scopo originario: la liberazione della Palestina
5 –congelamento dei negoziati finché non si raggiunga un accordo tra le varie fazioni su un programma politico comune
6 – la fine di ogni forma di collaborazione con il nemico sionista
7 – l’organizzazione in contemporanea di elezioni presidenziali e parlamentari nei tempi concordati da tutte le fazioni
Per tutta la giornata di festa, dai giovani del 15 marzo non ho udito altre parole se non un forte richiamo all’unità nazionale, e l’ormai famoso inno “il popolo chiede la fine delle divisioni”.
Se l’icona della rivoluzione tunisina è stato Mohamed Bouaziz, giovane disoccupato che si è dato fuoco davanti al palazzo del suo comune, e il simbolo della rivoluzione egiziana è Khaled Said, ucciso dalle forze di polizia di Mubarak, la foto emblema dell’anima del movimento 15 marzo palestinese è quella che ritrae Yasser Arafat, leader e martire di Fatah, che versa del te’ per Ahmed Yassin, il rais paraplegico e martire di Hamas.
Verso le 14 15 e poi verso le 15 locali, di nuovo militanti pro governativi hanno cercato di infiltrarsi fra la folla pacifica di giovani, armati di bastoni e lanciando sassi.
Ne è nato per alcuni minuti un furibondo parapiglia che ha visto alcuni feriti, finché i ragazzi sono riusciti a ricacciare indietro i facinorosi di Hamas dalla manifestazione.
Alle 19 circa, quando ho lasciato Katiba square, la nuova Tahrir palestinese, la situazione era tranquilla: manifestanti e paramedici della mezza luna rossa avevano montato le tende e si preparavano per la notte.
Molte famiglie con bimbi al seguito si susseguivano in visita l’accampamento dei giovani portando cibo, bevande calde e coperte.
Meno di un’ora dopo Hamas decideva di terminare la festa a modo suo: centinaia di poliziotti e agenti in borghese hanno accerchiato l’area, e armati di bastoni hanno assaltato brutalmente i manifestanti pacifici,dando alle fiamme le tende e l’ospedale da campo.
Circa 300 i ragazzi feriti, per la maggior parte donne, una decina con fratture. Per tutta la notte di ieri fuori dall’ospedale Al Shifa, nel centro di Gaza city, poliziotti arrestavano i contusi mano a mano che venivano rilasciati dal pronto soccorso.
Molti gli attacchi ai giornalisti, ai quali sono stati confiscati telecamere e macchine fotografiche. Ad Akram Atallah, giornalista palestinese è stata spezzata una mano. Samah Ahmed, giovane collega di Akram, è stata colpita da un fendente di coltello alle spalle. Asma Al Ghoul, nota blogger della Striscia è stata ripetutamente percossa dagli agenti in borghese mentre cercava di soccorrere l’amica ferita.
Le forze di sicurezza di Hamas hanno convogliato l’attacco nel centro della piazza Katiba, dove si concentrava il presidio delle donne, figlie e madri di una Gaza che hanno conosciuto la gioia della speranza di un cambiamento, per poi risvegliarsi alla cruda realtà dopo un breve sogno.