Nonostante gli sforzi di Netanyahu e l’intensa campagna mediatica, Israele non riuscirà a far annullare in toto il Rapporto Goldstone; le conseguenze delle dichiarazioni del giudice africano sono però gravissime: riducono la possibilità di indagini internazionali. E aprono la strada all’impunità di politici e ufficiali che si sono macchiati di crimini di guerra.
Gerusalemme 04, Aprile 2011 – Gli sforzi di Israele e del Primo Ministro Netanyahu, non serviranno forse a far annullare in toto il Rapporto Goldstone, dopo la retromarcia del giudice che indagò sull’Operazione Piombo Fuso, illustrata nella lettera pubblicata lo scorso venerdì sul Washington Post. Questa è l’opinione espressa oggi da fonti del Ministro degli Affari esteri israeliano e riportate dal quotidiano Ha’aretz, secondo cui “potrebbe essere invece possibile per l’Assemblea Generale ONU, adottare una nuova risoluzione”, anullando così di fatto la precedente, approvata un anno fa. Sebbene l’intento ultimo di Netanyahu sia quello proprio di annullare il Rapporto Goldstone, più volte screditato dalle autorità israeliane, non solo per “risarcire dei danni morali” subiti dallo Stato ebraico, ma per aprire la strada alla legittimazione di nuove violazioni in future offensive militari contro la Striscia di Gaza.
Se infatti il governo israeliano riuscisse, come paventato da molta stampa, a convincere il giudice Goldstone a “trasformare” la sua lettera aperta apparsa sul Washington Post in una lettera ufficiale da inviare al Segretario generale ONU Ban-Ki moon e al Commissario Diritti Umani, le carte in tavola cambierebbero: si tratterebbe non più di una riflessione personale, ma di un documento ufficiale, con maggiore valenza sia politica che giuridica, che potrebbe bloccare future azioni da parte delle Nazioni Unite, non solo in merito a Operazione Piombo Fuso, ma ad operazioni militari future.
Le affermazioni del Giudice Goldstone, oltre che a dare al via alla campagna per l’annullamento del rapporto, sono strumentali a fare il gioco di Israele, a mostrare cioè al mondo intero – per usare il commento dell’editorialista di Ha’aretz, Akiva Eldar – che Israele può attaccare la popolazione civile di Gaza e apparire in ogni caso “vittima”. Ieri molti giornali israeliani, tra cui Yediot Ahronot e Maariv titolavano, sotto l’immagine del Giudice sudafricano, «Mi sono sbagliato», «Goldstone, scusati!». Oggi le affermazioni di alcuni dei vertici militari, pubblicate sul Jerusalem Post, vanno ancora oltre. Perché la ritrattazione di Richard Goldstone, riduce di fatto la possibilità che indagini future di questo tipo – come la missione di cui Rapporto é il frutto appunto – possano essere condotte e rese internazionalmente credibili, legittimando la validità – al contrario – delle inchieste interne svolte dalle forze armate (pur essendo un attore coinvolto nel conflitto). Vale a dire, chiosando le parole di un ufficiale senior dell’IDF (esercito israeliano) che se Israele decidesse di compiere una Operazione Piombo Fuso 2, questa volta il sistema giudiziario e legale israeliano, sarebbe l’unico garante a verifica di eventuali violazioni derivanti da azioni militari. Con l’impegno che sia lo stesso esercito a fornire, in tempo reale, la documentazione relativa alle operazioni condotte nella Striscia, cosa che Israele non ha fatto nel caso di Operazione Piombo Fuso; sono infatti occorsi 3 mesi perché i documenti fossero resi pubblici e attualmente la polizia militare ancora ha indagini aperte su tre diversi casi aperti in seguito alle denunce avanzate dopo la pubblicazione del Rapporto Goldstone.
Oltre ad assolvere Israele dall’aver ucciso la popolazione civile ( per Goldstone Israele é colpevole solo di non aver cooperato con le indagini della Missione ONU), le affermazioni di Goldstone, che criminalizzano solo il movimento islamico Hamas, che controlla Gaza dal 2007, accusato di aver colpito deliberatamente civili israeliani con il lancio di razzi su vari centri abitato, fanno da fondamento giuridico strumentale a evitare che politici o ufficiali israeliani, possano essere in futuro accusati di aver commesso crimini di guerra, nel corso di visite in altri paesi. Non va dimenticato infatti che gli ufficiali delle forze armate israeliane, sono stati sottoposti, a partire da Operazione Piombo Fuso, proprio a rigide restrizioni, per il timore di essere “arrestati” in paesi esteri, quali la Spagna e l’Inghilterra, che applicano alle loro legislazioni, la giurisdizione internazionale per i crimini di guerra. Il Ministero degli Esteri suggerì a tutti i ministri che dovevano recarsi in Gran Bretagna, di fissare incontri con membri del governo inglese, per usufruire dell’immunità diplomatica. Dopo il mandato di arresto emesso da una Corte britannica contro Tzipi Livni. L’allora Ministro degli Esteri (che appoggiò incondizionatamente l’Operazione Piombo Fuso), nel 2009 fu costretta a cancellare una sua visita a Londra per il timore di essere arrestata, in seguito ad un mandato emesso dal Tribunale di Sua Maestà, dopo un’azione promossa da attivisti in difesa dei diritti umani dei palestinesi. In Inghilterra (ma questo vale anche in altri paesi), esiste il Criminal Justice Act, un atto del 1988 che attribuisce al sistema legale britannico, la giurisdizione universale per i crimini di guerra. Nena News