La costruzione di nuove case nei territori occupati potrebbe ostacolare la ripresa dei negoziati di pace.
Una commissione distrettuale israeliana ha approvato un piano per ulteriori insediamenti a Gerusalemme Est. Il nuovo piano potrebbe ostacolare le trattative, sostenute dagli Stati Uniti, per riprendere i negoziati di pace, dopo le insistenze del presidente palestinese Abu Mazen su un totale blocco degli insediamenti.
I portavoce israeliani dell’amministrazione di Gerusalemme e del Ministero degli Interni non hanno rilasciato dichiarazioni a riguardo. Già l’anno scorso, un piano simile per la costruzione di nuove case nell’area occupata di Gerusalemme Est, aveva provocato un’unanime condanna internazionale. Analoghe critiche avevano investito Israele dopo la decisione di allontanare i palestinesi da Gerusalemme est e di demolire le loro case. Il piano prevederebbe nuovi insediamenti vicino al sobborgo di Pisgat Zeev e nell’area palestinese di Shuafat; originariamente le case previste erano 1100, ma sono state ridotte a 600 quando è risultato che alcune terre sono proprietà privata di palestinesi. Già più di 200mila israeliani vivono a Gerusalemme Est e nelle zone limitrofe della Cisgiordania, occupate dopo la guerra del 1967 e considerate parte indivisibile della città biblica. I Palestinesi vogliono invece Gerusalemme Est come capitale di un futuro stato nella Striscia di Gaza e nella Cisgiordania. Nel novembre scorso, il primo ministro israeliano Netanyahu ha escluso Gerusalemme dalla moratoria di dieci mesi sulla costruzione di nuovi insediamenti. La Corte Internazionale dell’Aja ha stabilito che tutti gli insediamenti israeliani costruiti nei territori occupati sono in realtà illegali.