Nakba, il figlio dimenticato dell’olocausto

 

 

Nostra traduzione da Palestine Think Tank

Domenica sera al tramonto le sirene suoneranno attraverso Israele per commemorare l’inizio del Giorno del Ricordo dell’Olocausto. Lunedì si terranno delle cerimonie in varie città, la principale sarà a Yad Vashem, il parco della memoria a Gerusalemme.

Venerdì è stato l’anniversario del massacro di Deir Yassin, l’inizio dell’altro olocausto, conosciuto come la Nakba. Non ci sono state sirene ad indicare la Nakba come il "figlio dimenticato dell’olocausto". Oggi in Israele è anche vietato parlarne, per essere sicuri che rimanga dimenticato. […]

Diamo un’occhiata a ciò che è stata la Nakba…

    "Pensammo che sarebbe stata roba di settimane, solo fino al placarsi dei combattimenti. Invece non ci è mai stato permesso di tornare a casa." Nina Saah, Washington, DC

    "la fattoria della mia famiglia vecchia di secoli, dove si coltivavano arance, pompelmi e limoni, era svanita." Darwish Addassi, Walnut Creek, California

    "Quelli di noi che sono stati costretti ad andarsene nel 1948 sono stati infettati da una dolorosissima nostalgia. Ora la mia casa a Gerusalemme Ovest è una scuola materna israeliana." Inea Bushnaq, New York, New York

    "Un giorno il popolo di New Orleans si è reso conto della devastazione totale ed è stato costretto a scappare. La Nakba è stato il nostro uragano Katrina." Abe Fawal, Birmingham, Alabama


Sessant’anni fa più di 700,000 palestinesi persero le loro case e le loro cose, le loro fattorie e gli affari, i loro paesi e le loro città. Le milizie ebraiche cercavano di creare uno stato con una maggioranza ebraica in Palestina, e dopo l’esercito israeliano li cacciò via. Israele ha trasferito velocemente gli ebrei nelle case palestinesi appena svuotate. In arabo "Nakba" significa "catastrofe", ed i palestinesi definiscono an-Nakba, "La Catastrofe", la distruzione della loro società e l’acquisizione del controllo della loro terra natìa.

10 dati di fatto sulla Nakba

1. La Nakba è la causa prima del problema israelo-palestinese.

E’ il 15 Maggio, il giorno dopo che Israele ha dichiarato la sua indipendenza nel 1948.

2. Questo evento traumatico ha creato la crisi dei rifugiati palestinesi.

Dalla fine del ’48 due terzi della popolazione palestinese è stata esiliata. Si stima che più della metà vennero cacciati direttamente con un assalto militare. Gli altri fuggirono in seguito alle notizie dei massacri commessi dalle milizie ebraiche nei villaggi palestinesi come Deir Yassin e Tantura.

3. I leader ebrei vedevano il "trasferimento" come un passo importante del consolidamento di Israele.

I leader ebrei parlavano apertamente della necessità di usare gli scontri militari per espellere il maggior numero possibile di palestinesi prima che gli altri paesi arabi potessero intervenire in loro difesa. Il Piano Dalet della milizia Haganah è stato il progetto per questa epurazione etnica. Il primo Primo Ministro israeliano, David Ben Gurion, disse "Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle terre e la recisione di tutti i servizi sociali per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba." […]

4 Centinaia di villaggi e città palestinesi furono distrutti.

Le forze ebraiche hanno spopolato più di 450 città e villaggi palestinesi, la maggior parte dei quali è stata demolita.

5. Le proprietà e gli effetti personali dei palestinesi vennero semplicemente requisiti.

Il neo-insediato governo israeliano ha confiscato ai rifugiati la terra e le proprietà senza rispettare i diritti dei palestinesi od i loro desideri di tornare alle loro case.

Lo storico israeliano Tom Segev ha riportato che: "Intere città e centinaia di villaggi lasciati vuoti furono ripopolati con nuovi immigrati [ebrei]…Delle persone libere – gli arabi – andarono in esilio e divennero dei profughi poverissimi; dei profughi poverissimi – gli ebrei – presero il posto degli esiliati nel primo momento della loro vita come persone libere. Un gruppo [i palestinesi] perse tutto ciò che aveva mentre l’altro [gli ebrei] trovò ogni cosa di cui aveva bisogno – tavoli, poltrone, armadi, pentole, tegami, piatti, a volte vestiti, album di famiglia, libri, radio, animali domestici…".

6. Alcuni palestinesi rimasero in ciò che divenne Israele.

Anche se la maggior parte dei palestinesi vennero cacciati, alcuni rimasero in ciò che divenne Israele. Malgrado fossero cittadini del nuovo stato, furono sotto la giurisdizione militare israeliana fino al 1966. Oggi i cittadini palestinesi in Israele consistono all’incirca nel 20% della popolazione. Hanno il diritto di votare e di candidarsi, ma più di 20 leggi israliane privilegiano esplicitamente gli ebrei sui non ebrei. Quasi un quarto dei palestinesi d’Israele sono "confinati interni", cioè impossibilitati a tornare alle case e alle terre che gli furono tolte.

7. Ci sono ancora milioni di profughi palestinesi dispersi per il mondo.

Oggi ci sono 4.4 milioni di profughi palestinesi registrati come tali dalle Nazioni Unite, e, secondo le stime, almeno un altro milione di non registrati. Perciò la maggioranza del popolo palestinese, circa 10 milioni di persone, sono profughi.

8. I profughi hanno dei diritti internazionalmente riconosciuti.

Tutti i profughi godono dei diritti internazionalmente riconosciuti di tornare nelle zone dalle quali sono scappati o che sono stati costretti a lasciare, di ricevere una riparazione per i danni e di riottenere le loro proprietà o di ricevere supporto e compensazione per il reinsediamento volontario. Questo diritto è stato esplicitamente riconosciuto nei recenti accordi di pace in Cambogia, Rwanda, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Guatemala, Irlanda del nord, Kosovo, Sierra Leone, Burundi e Darfur. Questo diritto è stato affermanto per il popolo palestinese dalla Risoluzione n°194 delle Nazioni Unite nel 1948. Comunque Israele non permette ai profughi palestinesi di tornare, malgrando un ebreo da qualsiasi parte del mondo possa stabilirsi in Israele.

9. A buon diritto la risoluzione della questione dei diritti dei profughi è essenziale per la pace in Medio Oriente.

Una schiacciante maggioranza dei palestinesi crede che i diritti dei profughi debbano essere soddisfatti per far durare la pace tra i palestinesi e gli israeliani. Secondo un sondaggio dell’agosto 2007 eseguito dal Jerusalem Media and Communications Center, quasi il 70% crede che ai profughi debba essere permesso il ritorno alla "propria terra originaria".

10. La Nakba ha conseguenze per gli americani.

Il rifiuto in corso da parte di Israele di riconoscere i diritti dei palestinesi – ed un supporto finanziario e diplomatico incondizionato ad Israele da parte degli Stati Uniti – alimenta all’estero l’antiamericanismo. Un sondaggio Zogby del 2002 condotto in otto paesi arabi ha dimostrato che "la percezione negativa degli Stati Uniti si basa sulle politiche americane, non per l’antipatia nei confronti dell’occidente." Lo stesso sondaggio ha mostrato che "la questione palestinese è stata inserita da molti arabi tra le questioni politiche che li coinvolgono in maniera più personale." La soluzione della questione dei profughi palestinesi potrebbe senza dubbio migliorare l’immagine internazionale dell’America, dimostrando che il governo statunitense supporta un’applicazione coerente del diritto internazionale. 

Due anni fa il ministro degli affari esteri Tzipi Livni secondo quanto riferito, ha detto che non ci potrà essere uno stato palestinese a meno che e fino a quando le vittime non impareranno a dimenticare la parola Nakba.
"I palestinesi celebreranno la loro indipendenza quando cancelleranno la parola Nakba dal loro dizionario," ha detto Livni, il cui padre, Eitan,[…] ha svolto una parte attiva nell’esecuzione della campagna genocida di assassinio e terrore che è culminata nella nascita di Israele

L’anno scorso Livni ebbe il coraggio di dire che la creazione di uno stato palestinese su parte del West Bank avrebbe dovuto rivolgersi ai cittadini arabi israeliani.
[…]

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