da Alternative Information Center
Israele boicotterà chi lo boicotta. È passata ieri con 47 voti favorevoli contro 38 la controversa “Boycott Bill”, legge che sanzionerà tutti gli individui e le organizzazioni che inviteranno al boicottaggio dello Stato di Israele e delle colonie ebraiche in Cisgiordania.
Il manifesto della Palestinian Campaign for Boycott, Divestment and Sanctions against Israel
Dopo tre votazioni, la legge è stata approvata dalla Knesset. Israele potrà da oggi chiedere un risarcimento di 50mila shekel (circa 10mila euro) per i danni finanziari provocati dal boicottaggio economico, culturale e accademico. Come, ad esempio, la campagna internazionale Boycott, Divestment and Sanctions (BDS) o il boicottaggio artistico del centro culturale della colonia di Ariel e quello contro tutte le compagnie internazionali che lavorano in Israele.
La legge appena sfornata prevede inoltre la revoca delle esenzioni dalle tasse e dei benefici legali e economici agli individui, ai gruppi israeliani e alle istituzioni accademiche e culturali che sostengono il boicottaggio del proprio Stato. Verranno penalizzate anche le compagnie israeliane che si metteranno al servizio dell’Autorità Palestinese e che accetteranno di lavorare con società palestinesi.
La “Boycott Bill”, presentata dal parlamentare Ze’ev Elkin, avvocato del partito Likud del premier Netanyahu, è stata appoggiata da tutta la coalizione di maggioranza e dalle opposizioni, con il solo voto contrario di Kadima e l’astensione di Indipendence. Proprio Kadima ha attaccato duramente il premier: “Netanyahu ha passato la linea rossa della stupidità e dell’irresponsabilità nazionale. Il suo governa crea problemi a Israele e dovrebbe essere il primo a pagarne il prezzo”. “La legge – ha detto uno dei suoi membri, Shai Hermesh – è un tentativo occulto di violare diritti basilari. Non tutte le colonie sono illegali. Ma il ‘Boycott Bill’ non proteggerà i contadini israeliani, getterà solo acqua sul fuoco”.
Non sono mancate dure critiche da parte della società civile israeliana che ha definito la legge antidemocratica, un assalto alla libertà di espressione e manifestazione. I sostenitori della legge si sono difesi affermando che il “Boycott Bill” altro non è che un mezzo per tutelare lo Stato di Israele da quello che il governo chiama delegittimazione globale.
Ma artisti e intellettuali israeliani non si fermano, convinti che una legge simile violi il diritto di espressione e intacchi lo spirito democratico su cui si fonderebbe lo Stato di Israele. Alla luce del fatto che a Tel Aviv non serviranno prove di effettivi danni economici per intentare un’azione contro il “boicottatore”: secondo la nuova legge, non sarà infatti necessario individuare e quantificare il danno economico causato, ma basterà l’invito al boicottaggio. Saranno possibili prede tutti coloro, individui o associazioni, che chiameranno società civili israeliana e internazionale a boicottare “lo Stato di Israele, una delle sue istituzioni o un’area sotto il suo controllo, nell’obiettivo di causare danni economici, culturali e accademici”.
Quattro organizzazioni per i diritti umani (Adalah, The Public Committee Against Torture in Israel, Physicians for Human Rights e Coalition of Women for Peace) hanno annunciato nella notte di ieri che presenteranno ricorso all’Alta Corte contro la nuova legge. La legge, secondo i quattro gruppi, è “completamente anticostituzionale perché limita la libertà di espressione politica ed è contraria al diritto internazionale”. “La Knesset tenta non solo di chiudere la bocca della protesta contro l’occupazione, ma anche di impedire alle vittime e a chi si oppone di lottare contro”, ha detto Hassan Jubrin, direttore generale di Adalah, certo che il “Boycott Bill” non riceverà mai l’assenso dell’Alta Corte.