Il 30 marzo alle ore 18:00 alla UniCoop
del centro commerciale “Aprilia2” circa cinquanta compagne e
compagni provenienti dai Castelli Romani, da Roma e dalla Litoranea
hanno compiuto un’azione di informazione sul boicottaggio dei
prodotti israeliani e delle aziende che a vario titolo sono presenti
in quel paese, legittimando così le politiche di apartheid del
regime sionista. Malgrado l’iniziale ostruzionismo da parte della
direzione del supermercato i compagni sono riusciti a portare avanti
l’iniziativa sigillando gli scaffali contenenti i prodotti
incriminati sotto gli occhi degli avventori che, informati sulla
campagna di Boicottaggio-Disinvestimento-Sanzioni, hanno accolto
positivamente la nostra presenza, convincendo anche molti soci Coop
ad inoltrare al direttore del supermercato una lettera di protesta
per la presenza di prodotti sporchi del sangue della popolazione
civile di Gaza e della Cisgiordania.
Il 30 marzo in Palestina è la
“giornata della terra”, cioè la commemorazione dell’omicidio
commesso nel 1979 dall’esercito sionista di 6 giovani palestinesi. E’
da 60 anni infatti che Israele continua l’occupazione militare della
palestina, perpetrando un lento genocidio della popolazione autoctona
e cacciando dalle proprie terre e dalle proprie case migliaia di
persone, la maggioranza della quale vive tutt’ora in condizioni
disumane nei campi profughi.
E’ da 60 anni che continua
l’occupazione coloniale e razzista da parte del governo israeliano,
attraverso la costruzione di nuovi insediamenti, la confisca delle
terre e delle fonti idriche, la demolizione di case e l’abbattimento
degli ulivi, la principale fonte di sostentamento della popolazione
civile. A ciò si aggiunge la costruzione del Muro che di fatto
interrompe la continuità territoriale della Cisgiordania dividendo
le case case dei contadini dai loro orti ed ostacolando la mobilità
della popolazione palestinese tramite un fitto sistema di check-point
(i coloni ebrei invece possono usufruire di comode autostrade
protette da Tsa’hal). Anche Gaza è cinta dal Muro, mentre la costa
subisce il blocco navale della marina militare israeliana che ha
imposto un confine marittimo di 3 miglia nautiche (gli stati sovrani
ne dispongono generalmente di 12) rendendo impossibile la pesca
tramite il sistematico sequestro dei pescherecci e la detenzione dei
pescatori che pur si muovono all’interno delle acque territoriali
decise dall’occupante. Tutto ciò ha reso la Striscia una grande
prigione a cielo aperto dalle condizioni di vita disastrose,
ulteriormente peggiorate con l’operazione “Piombo Fuso” del
dicembre 2008, dove l’esercito si è accanito contro la popolazione
civile (un terzo dei 1300 morti erano bambini), le scuole, gli
ospedali e le infrastrutture economiche, impedendo di fatto ogni
qualsiasi possibilità autonoma di ripresa per la popolazione.
Si rende sempre più necessario
incidere sull’economia di guerra israeliana, attraverso la campagna
di boicottaggio dei prodotti provenienti da Israele e dalle colonie
illegali costruite all’interno dei Territori Occupati, delle agenzie
turistiche, delle compagnie idriche, ma anche la sospensione dei
rapporti accademici e culturali, per esempio sulla ricerca militare a
cui viene dato spazio nelle nostre università ed i principali poli
di eccellenza tecnologica italiani, come l’Enea ed il CNR.
In particolare gli obiettivi della
Campagna italiana di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS)
sono:
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Tutte le merci identificate dal
codice a babbre con le prime cifre 729, che identificano i prodotti
provenienti dallo stato di Israele.
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I prodotti agricoli israeliani a
marchio Jaffa e Carmel-Agrexco, presenti sui banchi dei
supermercati e di molti negozi.
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I prodotti farmaceutici della
azienda THEVA, che ha acquisito una posizione dominante nel mercato
dei farmaci generici e da banco.
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I prodotti cosmetici del gruppo
L’OREAL, il quale, oltre ad essere uno dei maggior investimenti
israeliani, commercializza prodotti realizzati con materiali
provenienti dai territori palestinesi occupati, come i Sali del Mar
Morto.
Tante altre aziende italiane hanno una
azienda corrispondente in Israele e sono:
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I prodotti dell’azienda LAVAZZA,
da oltre due decenni leader nel mercato israeliano del caffè,
delle macchine per bar e uffici, dell’architettura e
dell’arredamento dei locali, attraverso la ditta israeliana Gils
Coffeee Ltd.
E poi ancora: Colgate, Palmolive,
Taglieri (Cleo e Felce Azzurra), pasta Barilla, Albadoro, Zara, Caffè
Segafredo e Illy, olio Monini, dolcifici come la Ferrero, Loacker,
Bauli, acque e bibite San Benedetto.