QUANTI SONO I PRIGIONIERI POLITICI NELLE CARCERI ISRAELIANE?

Un ottimo grafico che dimostra come la repressione israeliana nei confronti dei palestinesi non sia minimamente diminuita nel corso dell’anno passato. da sottolineare che la maggior parte degli arresti si basano sulla legislazione della detenzione amministrativa, presente originariamente nell’ordinamento militare e poi adottata da israele nel 1979. questa legislazione permette l’arresto preventivo per un periodo di 4 mesi, solo sulla base di indizi e sospetti e mai di prove concrete, che può essere prorogato arbitrariamente e più volte dal giudice militare, anche senza nuove prove.

 

il grafico è tratto da http://www.addameer.org, sito di un’associazione palestinese che si occupa di diritti umani e del supporto dei prigionieri politici palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane.

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Israele rilascerà un detenuto palestinese

Dopo 66 giorni di sciopero della fame israele avrebbe deciso (il condizionale è d’obbligo) di rilasciare khader adnan, arrestato senza indizi e senza un regolare processo, in virtù della legislazione sulla detenzione amministrativa.

tratto da nena-news

Khader Adnan avrebbe accettato di mettere fine allo sciopero della fame che ha attuato per 66 giorni. Il condizionale è d’obbligo perché i contorni della soluzione raggiunta questa mattina rimangono vaghi. I media locali parlano di un’intesa tra le autorità israeliane ed i legali del prigioniero politico palestinese condannato, dai giudici militari, a quattro mesi di «detenzione amministrativa» (senza processo e solo sulla base di indizi). L’intesa, aggiungono, dovrà essere sottoposta alla Corte Suprema israeliana, per l’approvazione, forse già questa sera. Adnan nel frattempo resterà ricoverato nell’ospedale Ziv di Safed (Galilea), viste le sue precarie condizioni di salute.

Queste notizie tuttavia non hanno trovato una piena conferma, almeno sino a questo momento, e diversi attivisti palestinesi, tra i tanti che si sono mobilitati a sostegno della battaglia di Khader Adnan, dicono, anche via Twitter e Facebook, che i termini della vicenda vanno ancira chiariti. Anche perché, secondo il quotidiano Haaretz, la scarcerazione, il prossimo 17 aprile, del detenuto palestinese avverrà solo se nelle prossime settimane non sopraggiungeranno elementi nuovi a suo carico.

E’ una conclusione in agrodolce, con un compromesso che soddisfa solo in minima parte le richieste di Adnan e dei suoi sostenitori in Palestina e all’estero. In ogni caso è servita ad alzare il velo sulla detenzione amministrativa. Originariamente basata sui Regolamenti di emergenza del mandato britannico del 1945, questa misura «cautelare» è stata ripresa nel 1970 dall’Ordine militare 1651 ed è entrata ufficialmente nell’ordinamento israeliano nel 1979. Alla sua scadenza la carcerazione può essere prolungata più volte dai giudici militari, sempre e soltanto sulla base di indizi e sospetti e non di prove concrete. Attualmente sono 310 i prigionieri palestinesi condannati senza processo, 18 dei quali membri del Consiglio legislativo palestinese.

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Il PFLP denuncia le politiche economiche dell’Autorità Nazionale Palestinese

Il Fronte Popolare di liberazione nazionale della Palestina ha rilasciato un comunicato stampa il 19 gennaio 2012 denunciando le politiche economiche dell’autorità nazionale palestinese che stanno aiutando a scatenare l’inflazione e a far salire alle stelle il prezzo del cibo, dell’acqua e dell’elettricità e deteriorando rapidamente le condizioni economiche della vasta maggioranza del popolo palestinese nella West Bank. Ha richiesto protezione e supporto per i lavoratori palestinesi e le classi popolari, non visioni fuorvianti di economie di mercato sotto l’occupazione. Il PFLP ha affermato che le politiche del governo di Fayyad arrivate su richieste e consultazioni dei donatori internazionali e degli istituti monetari, sono responsabili insieme all’occupazione sionista dello spreco di soldi pubblici, della disoccupazione crescente, e della crescente estrema povertà. Ha inoltre notato che i costi della sanità e di altri servizi necessari stanno subendo un incremento intollerabile. Il PFLP ha posto sotto accusa per la crisi economica le politiche del governo di Fayyad di cui hanno beneficiato solo i più ricchi e la crisi strutturale dell’Autorità Nazionale Palestinese- le cui basi possono essere rintracciate nel protocollo economico di Parigi e negli accordi di Oslo, che presupponevano una Autorità nazionale palestinese che agisse come braccio servile dell’occupazione in materia sia economica che politica/di sicurezza. Il PFLP ha ammonite contro la continua adozione di politiche economiche “importate” con nessun legame con la realtà economica palestinese- o la sua realtà politica sotto l’occupazione. E’ urgente, ha detto il Fronte, di lasciarsi dietro illusioni di economia di mercato e sviluppare una politica economica nazionale basata sullo sviluppo attraverso la salvaguardia delle classi popolari ; sostenere e proteggere le risorse naturali come la terra e l’acqua, assicurare un livello di protezione sociale e reali facilitazioni, proteggendo le classi palestinesi dall’impoverimento che avanza. Per far sì che questo accada è necessario mettere una fine alle interferenze, alle minacce e alle pressioni economiche e politiche esterne tese a minare e far crollare la saldezza nazionale palestinese e lo scontro con l’occupazione, ha detto il Fronte. Finché gli accordi di Oslo e il protocollo economico di Parigi governeranno la politica economica palestinese, l’economia palestinese non uscirà dallo status quo, che è fondamentalmente controllato fattori politici esterni- primo, l’occupazione, e secondo, i finanziatori e le istituzioni finanziarie internazionali- e declinerà ulteriormente verso l’instabilità e verso ulteriori tentativi di ricatto politico. L’autorità viene utilizzata come gestore sotto l’occupazione, così come è previsto dagli accordi di Oslo, ha affermato il PFLP. Il Fronte ha chiesto una piena e totale revisione di tutte queste politiche a livello politico, di sicurezza e sociale per porre una netta parola fine all’era di Oslo e difendere la società palestinese dalle grinfie di questi accordi che hanno imprigionato e ucciso i palestinesi e minato l’economia palestinese. E’ tempo, ha detto il Fronte, di costruire sulle basi della fermezza nazionale e sociale e emulare i valori culturali palestinesi e le tradizioni nazionali piuttosto che il consumismo, l’avidità. lo sfruttamento e il capitalismo che emulano la selvaggia cultura del neoliberismo e dell’occupazione che sfrutta i lavoratori, umilia e schiaccia i poveri, acuisce la povertà. marginalizza le aree rurali e i campi profughi. Inoltre, ha detto il PFLP, l’autorità deve immediatamente cessare di sprecare le risorse del popolo palestinese per rimpinguare e ingrassare i servizi di sicurezza che servono gli interessi dell’occupazione. Il Fronte ha sottolineato che una nuova strategia nazionale deve includere il popolo palestinese ovunque esso sia- in Palestina, nei campi, in esilio e in diaspora e sostenere la fermezza, le diverse forme di resistenza, la democrazia nazionale, e organizzazione e lotta a livello regionale e internazionale, facendo notare con urgenza che questa è una chiara alternativa al futile percorso dei negoziati, per liberare le terre arabe occupate e ottenere in maniera vincente l’implementazione dei diritti inalienabili del popolo palestinese al ritorno, autodeterminazione e sovranità.

tratto da infoaut -> http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/3766-il-pflp-denuncia-le-politiche-economiche-dellautorit%C3%A0-nazionale-palestinese

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I giovani palestinesi si mobilitano contro i “colloqui” in Giordania

Nostra traduzione da Palestine Monitor

RAMALLAH – Ieri i giovani palestinesi, riunitisi in un gruppo chiamato
Palestinesi per la Dignità, hanno organizzato una protesta di fronte al
quartier generale dell’Autorità Palestinese, la Muqata’a, contro ciò che
definiscono “i negoziati per i negoziati”. Il 3 ed il 10 gennaio il capo della
delegazione dell’ANP, Saeb Erekat, è di nuovo tornato al tavolo dei negoziati
con Israele ad Amman, in Giordania.

Secondo Erekat gli incontri non sono una ripresa dei “colloqui di pace”, ma
piuttosto cercano di assicurare il congelamento della colonizzazione prima che
l’ANP consideri di ritornare a negoziare con Israele.

“I colloqui ad Amman sono stati organizzati per ottenere il congelamento della
colonizzazione e l’utilizzo dei confini del ’67 come base per qualsiasi
colloquio futuro.” ha detto Erekat all’AFP.

Il 14 gennaio, sotto un’intenso temporale, i palestinesi si radunano fuori
dalla Muqata’a. Gridando “Diritto al ritorno, libertà, dignità nazionale” i
manifestanti hanno espresso la loro sfiducia nei confronti dell’ANP.

La giornalista ed attivista Linah Alsaafin scrive: “I negoziati e la
normalizzazione sono stati usati negli slogan in maniera intercambiabile. Ad
esempio: “il popolo chiede la fine dei negoziati/ della normalizzazione.”

Mentre la polizia in uniforme deviava il traffico, agenti in borghese hanno
arrestato un uomo di Tulkarem, trattenendolo ed interrogandolo per due ore.

La protesta di ieri è stata la prima ad essersi tenuta fuori dal maestoso
edificio della Muqata’a che, per qualcuno, è arrivata ad impersonare
l’ingannevole autorità dell’attuale leadership palestinese.

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Yehoshua e l’arroganza coloniale

incredibile, uno degli intellettuali israeliani più osannati e celebrati anche da noi è riuscito a dire che la violenza israeliana è colpa della passività palestinese ed è questa passività a trascinare il medio oriente verso lo stato bi nazionale, “possibilità pericolosa e sfavorevole” per gli israeliani. come si fa a definire quest’uomo fine intellettuale quando riesce a dire che la vittima è responsabile delle violenze dei carnefici?

La teoria esposta dal famoso autore israeliano A.B. Yehoshua contro uno stato bi-nazionale puzzava di colonialismo e di razzismo. Accusava i palestinesi, che lottano in maniera forte e chiara per la libertà, di incoraggiare l’occupazione. Esattamente in nome di chi parla Yehoshua, l’autore nazionale di Israele?

Venerdì scorso, l’autore israeliano A.B. Yehoshua ha pubblicato una risposta ad un articolo di Avraham Burg, il quale affermava che le politiche dei governi israeliani potrebbero aver ucciso in maniera definitiva la soluzione dei due stati, e che per questo è necessario prepararsi all’opzione di un stato bi-nazionale. La discussione riguardo ad uno stato bi-nazionale non è del tutto nuova – Meron Benvenisti l’aveva già sollevata nel 1980, paragonando Israele e i Territori palestinesi ad un uovo strapazzato che non può essere decifrato e separato. Mentre Benevenisti è stato attaccato per la sua posizione, il recente articolo di Burg suggerisce come il tema sia ormai diventato mainstream. Burg, dopo tutto, è un principe del sionismo – un ex membro della Knesset, e un ex capo dell’Agenzia Ebraica per Israele.

Yehoshua freme alla possibilità di una stato bi-nazionale, nella consapevolezza che le politiche di Israele hanno distrutto la possibilità di una divisione in due stati, e se la prende con le vittime, coi palestinese, per il fatto che questa stessa occupazione coloniale continua da più di 40 anni. Egli scrive: “I palestinesi guardano passivamente l’accelerata costruzione delle colonie; e con la loro sub-conscia pazienza, loro (ci tengo a sottolineare) ci trascinano verso uno stato bi-nazionale”.

Incredibile. I palestinesi – che hanno pagato con migliaia di morti la loro opposizione all’occupazione israeliana e al progetto di colonizzazione della loro terra – sono accusati da un autore israeliano di essere passivi, di non aver fatto abbastanza per porre fine all’occupazione e alla colonizzazione, al furto di terra e acqua, e all’espropriazione della loro terra. Io non conosco nessun colonialista inglese o francese che sia arrivato fino a questo punto pur di giustificare il colonialismo del suo paese e pur di pulirsi la coscienza, trasformando la vittima in colpevole. Spesso ci imbattiamo in questo tipo di argomentazioni quando si parla di una donna che è stata violentata.

Yehoshua continua: “Dobbiamo renderci conto che uno stato bi-nazionale non è solamente il risultato delle azioni di Israele, ma che la sua creazione sarebbe anche favorita dalla silenziosa cooperazione dei palestinesi, sia in Israele che oltre i suoi confini”. La stragrande maggioranza dei palestinesi dichiara di voler porre fine all’occupazione e di volere la soluzione dei due stati. Inoltre, l’uso di parole come “sub-conscio” e “silenzioso” suggeriscono che, mentre Yehoshua non può dimostrare la sua affermazione, egli, come israeliano, sa quello che i palestinesi pensano e vogliono nella realtà.

Oltre alla sua posizione coloniale e alla sua arroganza razzista, Yehoshua pretende di opporsi ad uno stato bi-nazionale anche per conto di tutti gli israeliani i quali “ si rendono conto e capiscono che uno stato bi-nazionale nella Terra di Israele è una possibilità pericolosa e sfavorevole, sia nel breve sia (soprattutto) nel lungo termine”. E chi sono questi israeliani nel nome dei quali l’autore afferma di parlare? Essi non fanno parte del “partito religioso (a causa della struttura della sua identità religiosa), né della destra laica ed estremista (a causa della violenza delle sue fantasie), né della sinistra post-sionista (a causa della sua visione umanitaria-cosmopolita)” – Secondo Yehoshua, fuorchè tutti questi gruppi, tutti gli israeliani capiscono che la soluzione bi-nazionale è un disastro.

Ma andiamo a contare: il partito religioso rappresenta circa il 25 per cento della popolazione di Israele, il gruppo secolare della destra è un altro 25 per cento, e la “pazza” sinistra post-sionista è, diciamo, il cinque per cento. Yehoshua opportunamente dimentica i cittadini palestinesi d’Israele, che costituiscono un altro 20 per cento della popolazione di Israele. Nel migliore dei casi l’Israele che Yehoshua rappresenta, le persone “sane” che si oppongono all’incubo dello stato bi-nazionale, è meno della metà dei cittadini del paese. Tutto il resto, secondo il nostro autore nazionale, non appartiene al “popolo sovrano”. Con una definizione così limitata di ciò che significa essere israeliano, non c’è da sorprendersi quindi che alcuni potrebbero desiderare uno stato bi-nazionale.

tratto da http://www.alternativenews.org/italiano/index.php/topics/11-aic-projects/3346-

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I prigionieri palestinesi potrebbero lanciare uno sciopero della fame come in Irlanda

Nostra traduzione dall’International Middle East Media Center

Saed Bannoura

I leader del movimento dei palestinesi detenuti nelle carceri israeliane hanno
dichiarato che la situazione che stanno affrontando tutti i prigionieri
politici è al limite, i condannati all’ergastolo stanno pensando di lanciare
uno sciopero della fame simile a quello tenutosi in Irlanda, ed è verosimile
che il resto dei detenuti li seguirà.

In una dichiarazione che è giunta al ministro dei detenuti hanno annunciato
che le loro condizioni stanno peggiorando e che i loro problemi e la loro
liberazione devono essere una delle priorità dell’Autorità Palestinese.

Affermano che Israele debba essere ritenuta responsabile per le continue
aggressioni e le condizioni illegali che impone ai prigionieri, soprattutto
alla luce del Diritto Internazionale e di tutte le risoluzioni relative ai
diritti umani che garantiscono i diritti di tutti i prigionieri politici.

Hanno aggiunto che appoggiano la presa di posizione dell’OLP nel rifiutare i
colloqui di pace con Israele finchè questa non arresti le violazioni del
diritto internazionale e le attività di colonizzazione, e che la leadership
palestinese debba sempre agire per assicurare il rilascio di tutti i detenuti
senza alcuna precondizione.

Nella loro lettera hanno anche aggiunto che “la battaglia degli stomaci vuoti
è il metodo più efficace che i detenuti possono usare per raggiungere i loro
diritti legittimi” e che sono pronti a sacrificare e a mettere a rischio le
proprie vite lanciando uno sciopero della fame di durata illimitata per
ottenere i seguenti diritti:

1. Israele deve trattarci come prigionieri di guerra, in conformità con la
quarta convenzione di Ginevra.

2. Appoggiamo la posizione dell’OLP nel rifiutare la ripresa dei colloqui di
pace con Israele finchè questa non arresti le violazioni dei diritti umani e le
attività di colonizzazione, ed affermiamo il diritto di tutti i detenuti ad
essere rilasciati, specialmente coloro che hanno speso molti anni dietro le
sbarre.

3. Rifiutiamo ogni tentativo di postporre la discussione sul problema dei
detenuti allo stadio finale dei colloqui di pace.

4. Il nostro caso è una delle priorità principali, e non si può raggiungere
nessun accordo di pace definitivo senza il nostro rilascio.

5. Chiediamo un’equa risoluzione del nostro problema specialmente per i
detenuti di vecchia data. Chiediamo che la dirigenza non riesumi i colloqui di
pace fino a che non sarà risolto il nostro problema.

Nel frattempo il ministro dei detenuti in West Bank, Issa Qaraqe’, ha avvisato
che Israele sta pianificando ulteriori aggressioni contro i prigionieri nel
Campo di Detenzione del Negev, dove sono internati 1200 palestinesi. Ha
aggiunto che Israele sta pianificando lo sgombero del campo dopo la confisca di
tutti i beni dei detenuti e spedendoli in altre strutture di detenzione.

Qaraqe’ ha aggiunto che Israele a trasferito migliaia di soldati intorno al
campo di detenzione nel Negev, aumentando il numero di soldati sulle torri di
sorveglianza, e che i soldati sono pronti per una possibile offensiva in larga
scala contro i prigionieri.

Inoltre il ministro ha dichiarato che durante i recenti colloqui tra i
rappresentanti dei detenuti e l’amministrazione del campo nel Negev, il
direttore della prigione ha minacciato che avrebbe ordinato ai soldati un
utilizzo esagerato della forza per sgomberare il campo e trasferire i detenuti
per indebolirli e disperdere i loro leader in prigioni diverse.

I detenuti hanno deciso di resistere al piano di sgombero, aggiungendo che
Israele vuole spostarli per sostituirli con i migranti irregolari di origine
africana.

La situazione nella prigione del Negev è al limite ed aumentano i timori di un
imminente attacco.

I detenuti stanno chiedendo ad Israele di rispettare le proprie promesse di
ridurre le loro sofferenze e di fermare le aggressioni contro di loro.

Qaraqe’ ha dichiarato che nel 2011 i soldati israeliani hanno condotto 200
aggressioni contro i prigionieri e che la maggior parte di esse sono avvenute
dopo mezzanotte. Centinaia di detenuti sono rimasti feriti e puniti con delle
sanzioni illegali e delle multe. Decine di loro sono stati posti in isolamento,
privati del diritto ai colloqui e all’accesso allo spaccio della prigione.

“Il 2011 ha visto pericolose aggressioni contro i prigionieri, contro la loro
dignità e le loro condizioni di vita. A centinaia sono stati privati
dell’accesso all’educazione. Sono aumentati gli isolamenti e le privazioni dei
colloqui; Israele sta agendo aldilà della legge, sfidando la Comunità
Internazionale ed i principi basilari dei diritti umani”.

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castelli per la palestina on air

l’assemblea di solidarietà per la palestina dei castelli romani inizia oggi una trasmissione radiofonica ospitata dalla web radio frequenzeprecarie, che vi racconterà la situazione palestinese, le campagne di mobilitazione contro israele e tutto quello che i mass-media non dicono sulle condizioni vissute da tutti i palestinesi.
ascoltate e divulgate!
questo il link con il podcast della prima puntata. in studio emanuele e giacomino.

per seguire le altre trasmissioni della radio visita http://frequenzeprecarie.wordpress.com/

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esercitazioni congiunte italia-israele

l’aeronautica italiana e quella israeliana hanno svolto un esercitazione congiunta prima in sardegna e ora nel deserto del negev. il governo italiano sempre più complice dei crimini di guerra israeliani.

 

GIOCHI DI GUERRA AEREA TRA ITALIA E ISRAELE

Cresce la cooperazione tra le aeronautiche militari (e non solo) dei due paesi. I top gun italiani nelle scorse settimane hanno svolto esercitazioni in territorio israeliano. In autunno erano stati i piloti dello Stato ebraico a partecipare ad un intenso programma di attacchi simulati in Sardegna.

ANTONIO MAZZEO*

Roma, 21 dicembre 2011, Nena News (foto dal sito jpost.com diffusa dall’ufficio del portavoce militare israeliano) – Giochi di guerra nel deserto del Negev per i cacciabombardieri dell’aeronautica militare italiana. Lo scorso 16 dicembre si è conclusa l’esercitazione “Desert Dusk 2011” a cui hanno partecipato venticinque velivoli da guerra delle forze aeree italiane ed israeliane. Due settimane di duelli, inseguimenti e lanci di missili e bombe, protagonisti gli Eurofighter e i Tornado dell’Ami (Aeronautica militare italiana) e gli F-15 ed F-16 israeliani schierati per l’occasione nello scalo meridionale di Uvda, utilizzato dai charter che trasportano i turisti diretti a Eilat (Mar Rosso).

L’esercitazione rientra nel programma di collaborazione e coordinamento tra le due aeronautiche finalizzato ad affinare le procedure e le tecniche di azione in missioni di controllo delle crisi (Crisis Response Operations). In Israele sono stati impegnati 150 militari italiani, mentre i cacciabombardieri dell’Ami hanno svolto più di un centinaio di missioni di volo. Alle operazioni hanno pure partecipato alcuni velivoli KC-767A del 14° Stormo di Pratica di Mare (Roma) e C130J della 46ª Brigata Aerea di Pisa.

A fine ottobre erano stati i cacciabombardieri israeliani a sorvolare i grandi poligoni della Sardegna nell’ambito dell’esercitazione “Vega 2011”, a cui hanno partecipato pure le aeronautiche militari di Italia, Germania e Olanda. Per l’occasione, due squadroni con F-15 ed F-16 ed un velivolo radar di nuova produzione Eitamerano stati trasferiti dalle basi aeree di Nevatim e Tel Nof allo scalo di Decimomannu (Cagliari), centro di comando e coordinamento dell’intero ciclo addestrativo. Gli obiettivi delle attività di Vega 2011 sono stati il rafforzamento dell’interoperabilità  dei reparti impegnati, il miglioramento della capacità di cooperazione e lo svolgimento di attività  tattiche grazie ad operazioni in aree di media scala in un ambiente ad alta minaccia, hanno riferito le autorità  italiane. L’esercitazione in Sardegna è stata seguita con particolare interesse dalla stampa di Tel Aviv: le spericolate missioni di volo sarebbero state finalizzate infatti a simulare un attacco agli impianti nucleari iraniani. Secondo quanto pubblicato dal sito JewPI.com, “Vega 2011”avrebbe comportato una condanna a sette giorni di carcere e un anno di sospensione dal volo per un pilota del 106° squadrone della IAF (Israeli Air Force) reo di aver compiuto senza autorizzazione un’evoluzione pericolosissima a bassa quota (una rotazione del velivolo di 360°).

Oltre alle recentissime esercitazioni, nel corso di quest’anno si sono registrati importanti incontri tra i massimi responsabili delle forze aeree di Italia e Israele. Il 7 e l’8 febbraio, il sottocapo di Stato maggiore della IAF, generale Nimrod Sheffer, ha incontrato a Roma l’omologo italiano, generale Maurizio Lodovisi, per approfondire i processi di trasformazione in atto nelle due aeronautiche, le esperienze maturate nei rispettivi teatri di operazione e le future attività  addestrative. Il successivo 14 giugno, è stato il comandante delle forze israeliane, generale Ido Nehushtan, a giungere in Italia in missione ufficiale. Dopo aver incontrato il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, generale Giuseppe Bernardis, Nehushtan ha raggiunto gli aeroporti di Pratica di Mare, Lecce e Grosseto per una visita ai reparti militari ospitati.

Secondo quanto riportato dal sito specializzato Dedalo News, i colloqui al vertice hanno riguardato i principali programmi di cooperazione tra i due paesi, con particolare riferimento all’uso degli UAV (velivoli a pilotaggio remoto), alla gestione logistica integrata del velivolo Joint Strike Fighter (JSF), di futura introduzione, e al velivolo d’addestramento M-346, nei confronti del quale l’aeronautica israeliana ha manifestato un certo interesse in previsione della sostituzione degli A-4 Skyhawk attualmente in linea. L’interesse all’acquisto dei nuovi mezzi prodotti da Alenia Aermacchi è stato confermato dai principali quotidiani di Tel Aviv. Haaretz, in particolare, ha riferito che l’impresa del gruppo Finmeccanica avrebbe già firmato un accordo preliminare, a cui dovrebbe seguire presto la fornitura all/Italia di velivoli senza pilota e aerei radar di produzione israeliana. Nena News

*Giornalista e ricercatore

 

tratto da nena-news.globalist.it

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Palestina: quali prospettive?

L’INCONTRO È STATO POSTICIPATO ALLE 20:30

Incontro con Mohammed El Zaeem, attivista del Palestinian Center for Human Rights e traduttore dell’International Solidarity Movement. Insieme a lui parleremo della situazione attuale in Palestina, delle campagne internazionali in solidarietà con i palestinesi e della questione del riconoscimento delle stato di Palestina.

L’appuntamento è per sabato 17 alle ore 20:30 presso la Casa delle Associazioni di Ariccia (ex mattatoio).

A seguire aperitivo e proiezione filmati

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Blood in my eye: 3 gg di incontri e dibattiti sulla resistenza in Palestina

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