Netanyahu valuta la costruzione di una recinzione al confine con la Giordania


Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ordinato alle istituzioni di difesa di valutare la possibilità di costruire una recinzione fortificata lungo il confine con l’Egitto.
foto da Pal-Info Continue reading
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Israeliano arrestato nel campo profughi

da Near East News Agency

Attivista che viveva nel campo profughi di Dheishe è stato arrestato dalle autorità Israeliane. Ora vuole rinunciare alla cittadinanza. Continue reading

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I progetti di desalinizzazione delle acque di Gaza: un lupo travestito da agnello?

Nostra traduzione da Electronic Intifada

Per anni Israele ha sostenuto che la desalinizzazione fosse la soluzione per i problemi di approvvigionamento idrico a Gaza – mentre ne bombardava le infrastrutture.
(APA images)

Recentemente il Palestinian Contractors Union ha messo al corrente l’UNICEF, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, che intraprenderà un boicottaggio se continuerà ad offrire l’appalto per la costruzione di un impianto di desalinizzazione nella Striscia di Gaza a due ditte israeliane, la Nirosoft e la Odis Filtering. L’UNICEF ha risposto con una dichiarazione che chiariva le procedure di assegnazione ed ha aggiunto che non si erano ancora concluse, rinviando la decisione finale sul se procedere alla Coastal Municipal Water Utility (CMWU), l’ente palestinese responsabile della realizzazione del progetto. Continue reading
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“Vogliamo tutto?” Considerazioni sul Pride di Tel Aviv

da Freepalestine Roma

Ci preparano da tempo a raccogliere con entusiamo l’invito al Pride di Tel Aviv e alcune agenzie di turismo come Quiiky Viaggi, della società Sondersandbeach, martellano costantemente con pubblicità per il prossimo 8 giugno. Si tratta di business del “turismo gay” basato su pura propaganda e supportato da “intellettuali”, come Angelo Pezzana, che godono di notorietà solo perchè vicini all’organizzazione sionista italiana “Amici di Israele”.  L’ipocrisia trasforma addirittura una star ultra ricca come Madonna nella madrina spirituale, garante del clima “gayfriendly” certificato dal test dell’American Airlines che elegge Tel Aviv “World’s Best Gay City”.

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Ciò che doveva essere un matrimonio è diventato un funerale


Samir e sua madre
“Samer si fidanzerà!” disse il mio amico Loai ridendo fragorosamente. “Oh mio Dio! Veramente? Quando?” esclamai mentre la mia testa era attraversata da una lista infinita di domande ed esclamazioni. 
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Dopo tre anni di isolamento senza visite, Sa’adat può incontrare sua moglie


Domenica ‘Abla Sa’adat, moglie del segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina detenuto da Israele, ha ricevuto il permesso per visitare suo marito, per la prima volta dopo tre anni di detenzione in isolamento.
Sa’adat durante un trasferimento (Immagine da Wattan TV) Continue reading
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Calo del 16% delle esportazioni israeliane in UE

da BDS Movement

L’Israel Export and International Cooperation Institute (IEI) ha affermato che le esportazioni israeliane stanno subendo una flessione.

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DOMANI 15 MAGGIO MANIFESTAZIONE PER IL 64°ANNIVERSARIO DELLA NAKBA

La partenza NON è più da p.le aldo moro, ma da piazza della repubblica.

-dalle ore 12,00 fino alle 17,00 a P.zle Aldo Moro volantinaggio all’Universtà LA SAPIENZA
– ORE 18,00 CORTEO da PIAZZA DELLA REPUBBLICA fino a Piazza dell’Esquilino
– DALLE ORE 19.00 PIAZZA DELL’ESQUILINO
Iniziativa sulla Nakba palestinese – CONCERTI RACCONTI E DABKE DI R-ESISTENZA

64° Anniversario della Nakba (La Catastrofe palestinese)

comunicato dei Giovani Palestinesi

Da 64 anni, dal 1948, il 15 Maggio di ogni anno il popolo palestinese tutto commemora, ovunque si trovi, dalla Palestina ai luoghi della Diaspora, l’anniversario della Nakba palestinese.

Tragedia e pulizia etnica sistematiche iniziano nel 1948 per mano delle milizie terroriste sioniste, da quella data confluite ufficialmente nell’esercito dello Stato di Israele, fondato sulla terra di Palestina. La Nakba è la pulizia etnica con l’espulsione e la cacciata di 900mila palestinesi, da allora entrati nello status di rifugiati fuori dalla loro terra, massacrati ovunque in Palestina, dove 532 villaggi e 9 città palestinesi furono cancellati.

La continuazione delle pratiche coloniali sioniste: Apartheid, prigionia e tortura, bombardamenti indiscriminati, demolizioni di case, furto della terra, sono tutti crimini contro l’umanità compiuti da Israele ai danni del popolo palestinese, che poi non si sono mai arrestati, grazie anche alla complicità e al silenzio della comunità internazionale sulla conduzione della pulizia etnica e sulla costruzione delle colonie sulle terre della Palestina.

LA TERRA E’ AL CENTRO DELLA LOTTA DI LIBERAZIONE DELLA TERRA DI PALESTINA

Questo è lo sfondo nel quale collocare l’incerta sorte degli oltre 10milioni di palestinesi che abitano nei Territori palestinesi occupati nel ’48 (oggi Israele), nella Palestina occupata nel 1967 da Israele (Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme) e a coloro che vivono in Diaspora, nell’esilio, lontani dalla patria d’origine.

Al 64° anniversario della Nakba e di fronte all’attualità palestinese, affermiamo quanto segue:

1. E’ necessaria la condanna dell’occupazione sionista e del regime d’Apartheid che Israele ha instaurato in Palestina. Tale politica deve avere un termine. Chiediamo che si realizzi giustizia sociale, dignità e pace genuina per il popolo palestinese, per mezzo di provvedimenti e sanzioni di legge, boicottaggio nei confronti dei responsabili israeliani di tali crimini praticati contro il popolo palestinese..

2. Il Diritto al Ritorno degli oltre 7milioni di rifugiati palestinesi che dal 1948 attendono di tornare nelle loro case d’origine in Palestina e il risarcimento per i danni causati loro.

3. Diritto di autodeterminazione del popolo palestinese sulla sua terra, la Palestina Storica.

un diritto legittimo e umano e principio di autodeterminazione dei popoli previsto dal diritto internazionale.

4. La libertà di migliaia di prigionieri politici palestinesi nelle disumane prigioni dell’occupazione israeliana, in questi giorni impegnati nel più generale degli scioperi della fame, alcuni anche della sete, ad oltranza. La lora è una forma di protesta contro le violazioni dei propri diritti fondamentali. Essi protestano contro le detenzioni in isolamento, la detenzione amministrativa (senz’accusa e prorogabile a oltranza, ndr), per il ripristino del diritto allo studio, quello a ricevere le visite, contro le irruzioni nelle celle.

5.Porre fine al vergognoso silenzio della comunità internazionale durato 64 anni fino ai giorni nostri. Silenzio complice e responsabile della negazione dei diritti fondamentali del popolo palestinese

TU NON FARTI COMPLICE DELLA NEGAZIONE DELL’ESISTENZA DI UN INTERO POPOLO !

6.Fermare la cooperazione politica, economica e militare tra la Repubblica Italiana e il regime d’Apartheid di Israele, fermare le forme di copertura internazionale ai crimini che Israele continua a commettere, violando per mezzo di tale collaborazione la Costituzione della Repubblica, nella quale si vieta allo Stato italiano di sostenere o cooperare pratiche di persecuzione e pulizia etnica nei confronti di persone inermi.

Auspicando di essere riusciti a creare in te consapevolezza della Questione Palestinese, ti invitiamo a condividere la tua opinione partecipando alla presente iniziativa nel nome della dignità umana, della giustizia e per la pace per il popolo palestinese.

Giovani palestinesi in Italia

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FPLP: appello per un’azione internazionale in supporto dei prigionieri palestinesi

Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha invitato i movimenti e le forze della solidarietà internazionale ad assumere la lotta dei prigionieri politici palestinesi come una priorità fondamentale. L’FPLP ha sottolineato che nelle prossime settimane fino al 17 aprile 2012, data del giornata dei prigionieri palestinesi, ci saranno iniziative a livello internazionale per portare in primo piano la questione dei prigionieri politici palestinesi.
Inoltre, il Fronte ha invitato per il 14 e 16 marzo 2012 a considerare due giornate di lotta in sostegni ai nostri prigionieri, in concomitanza con l’anniversario della presa della prigione di Gerico di sei anni fa, e il rapimento del segretario generale del Fronte, il compagno Ahmad Sa’adat, ed i suoi compagni da parte dell’esercito di occupazione israeliano.
L’FPLP saluta e riconosce l’importanza dei vari ruoli del movimento di solidarietà con la Palestina, in particolare in opposizione al razzismo e l’apartheid israeliana, alla lotta contro il Muro dell’Apartheid, agli sforzi per rompere l’assedio su Gaza, alla costruzione e l’unità con il nostro popolo palestinese in esilio e diaspora.

tratto da palestinarossa.it

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GAZA: NON SI ARRESTANO RAID, 18 MORTI

Tra i morti di oggi un bambino di 12 anni e un uomo di 60 anni. Un numero così alto di vittime in meno di due giorni a Gaza non si registrava dal 2009. Il governo israeliano alza la voce e avverte che non e’ finita e continuera’ i bombardamenti.
MICHELE GIORGIO
Gaza, 11 marzo 2012, Nena News – Circolano voci di una trattativa per arrivare ad una tregua entro le prossime 24-48 ore ma intanto proseguono i raid aerei israeliani su Gaza. Stamani altri tre palestinesi sono stati uccisi ed e’ salito a 18 il numero dei morti da venerdi’ mentre sul sud di Israele sono piovuti oltre 100 razzi artigianali Qassam. Fonti mediche precisano che una delle vittime di questa mattina era un bambino di dodici anni, Ayoub al Saliah. E’ stato ucciso anche un uomo di 60 anni Adel al Asi, guardiano di campi coltivati.
Quella di ieri e’ stata giornata di attacchi aerei e di cortei funebri seguiti da migliaia di persone. In un clima di guerra che, almeno così forte, non si respirava da mesi, tra boati e sirene delle ambulanze, la gente di Gaza ha sepolto i suoi ultimi morti. Quindici, in buona parte attivisti del Jihad islami , ai quali si aggiungono trenta feriti. Un numero così alto di vittime in meno di due giorni non si registrava dal 2009. Undici palestinesi vennero uccisi ad aprile, un anno fa, dopo che un razzo colpì uno scuolabus israeliano ferendo l’autista e un ragazzo di 16 anni. E il bilancio rischia di aggravarsi nelle prossime ore. «All’ospedale Shifa (Gaza city) abbiamo quattro giovani in condizioni disperate, stiamo facendo il possibile per salvarli», ci diceva ieri al telefono un responsabile del servizio sanitario d’emergenza.
La chiusura settimanale, da venerdì pomeriggio fino a questa mattina alle 7, del valico di Erez, ha impedito a molti giornalisti di poter raggiungere Gaza. Ci hanno pensato i reporter palestinesi a raccontare, in ogni particolare, queste ore terribili vissute dalla Striscia. E grazie ai social network anche gli internazionali che vivono a Gaza hanno contribuito a riferire quanto è accaduto nelle ultime ore. Come la fotografa napoletana Rosa Schiano. «La gente ha paura, le esplosioni non risparmiano neanche Gaza city – ha raccontato Schiano – Non è finita, gli attacchi continuano. Dopo aver seguito il funerale di una delle vittime in Jabalia, sono andata allo Shifa Hospital dove il capo del reparto di pronto soccorso mi ha detto che diversi feriti sono gravi e che alcuni cadaveri sono arrivati senza testa. Poco fa, mentre ero per strada c’è stata un’enorme esplosione, hanno colpito una zona dove si trova un campo militare, ho visto ambulanze sfrecciare. Ora sono a casa, cercherò di scrivere sul blog sperando che non salti di nuovo la corrente». Oppure l’irlandese Jenny Graham. «Le truppe israeliane – ha riferito – hanno aperto il fuoco durante la processione per il funerale di alcune delle vittime. I familiari in lutto, infuriati, hanno cominciato a tirare pietre contro i soldati israeliani che erano posizionati nella zona est di Gaza, vicino al cimitero dove sono stati sepolti i martiri». Resoconti giunti mentre due palestinesi, a bordo di una moto venivano uccisi da un missile lanciato da un drone a Khan Younis. Un terzo palestinese è stato ucciso poco dopo.
Non si sono vissute ore facili neanche dall’altra parte del confine. Quasi tutti i 90 razzi artigianali Qassam lanciati dalla Striscia sono caduti in campo aperto. Quattro i feriti, tre dei quali manovali asiatici colpiti da schegge mentre erano al lavoro. Le sirene d’allarme hanno riecheggiato numerose volte a Sderot, Beer Sheva e in altre località di quella zona dove oggi le scuole resteranno chiuse per ragioni precauzionali. Non poche famiglie nel sud di Israele hanno scelto di scendere i rifugi. A protezione dei centri abitati intorno a Gaza però c’è il sistema di intercettazione Iron Dome. I comandi militari israeliani ieri riferivano piuttosto compiaciuti che su 30 razzi individuati dai radar, l’Iron Dome ne avrebbe distrutti 27. L’escalation è stata al centro di una riunione straordinaria dei vertici militari. Il capo dello stato maggiore Benny Gantz ha promesso di «rispondere con determinazione ad ogni lancio di razzi contro Israele» e ha lodato il sistema Iron Dome. Il ministro della difesa Barak, parlando alla radio militare, ha annunciato che i raid aerei continueranno: «Per ora non si vede la fine di questa tornata», ha tuonato Barak. Idem il premier Netanyahu mentre il comando dell’aeronautica ha manifestato «sollievo» per il livello di «precisione» dei raid, dimenticando il terrore vissuto da centinaia di migliaia di civili per gli attacchi aerei.
Israele spiega che i raid sono scattati dopo il lancio di razzi palestinesi ma è netta l’impressione che Tel Aviv fosse in attesa dell’occasione giusta per eliminare Zuheir Qaisi (Abu Ibrahim), segretario generale dei Comitati di resistenza popolare (Crp). Qaisi venerdì si trovava a Tel al-Hawa in automobile con un altro palestinese, Ahmed Hanani, quando un caccia israeliano ha sganciato un razzo che li ha centrati in pieno uccidendoli. Un «omicidio mirato», visto che un portavoce militare ha prontamente comunicato che Qaisi aveva «progettato, finanziato e diretto», l’attacco dello scorso agosto lanciato dal Sinai egiziano in territorio israeliano e nel quale rimasero uccise otto persone, in maggioranza soldati. I Crp ora avvertono che la loro reazione sarà «pesante». Il governo di Hamas da parte sua condanna l’offensiva aerea israeliana. All’orizzonte c’è l’ennesimo accordo di cessate il fuoco mediato dagli egiziani. Ma Gaza, a tre anni da «Piombo fuso», resta sempre sotto assedio. Era la «risposta» ai Qassam (3 feriti). E il ministro Barak, soddisfatto, dice che non è finita. Nena News

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