La storia di Itamar. L’insediamento al centro della tensione regionale e del fondamentalismo ebraico

Nostra traduzione da Palestine Monitor

Nel disgusto e nella furia conseguenti al massacro di una famiglia di cinque persone della colonia di Itamar, i media mainstream stanno ignorando il contesto globale della regione di Nablus/Samaria.

Nella zona militare da poco chiusa nella Cisgiordania settentrionale l’esercito israeliano sta mettendo in atto dei rastrellamenti casa per casa ad Awarta, Zababda, Sanour e Maslyeh, con l’impiego di granate stordenti e lo schieramento di elicotteri e cani, mentre nel frattempo i coloni attaccano i villaggi di Burin e Huwarra.

Secondo l’agenzia di stampa Maan i parenti di due palestinesi uccisi all’inizio di quest’anno sono stati circondati dai soldati israeliani.

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Dei checkpoint militari che erano stati chiusi ora vengono riaperti ad Huwara, Taneib e ad Al-Badhan, interrompendo il passaggio da e per la zona.

In molti temono un’escalation di violenze dopo il tramonto di Shabat, che segna la fine del sabato ebraico con la comparsa delle prime tre stelle della notte.

La zona in fiamme

«Siamo coloni – è stato detto 9 giorni fa al preside della scuola secondaria femminile di Einabous – Dopo tutte queste minacce ci sono ancora persone nella scuola? Portate via tutti subito perché stiamo per bombardarla.»

Sebbene ci siano screzi da decenni, questa recente esplosione di tensione intorno a Nablus è iniziata il 28 febbraio, quando i soldati israeliani e l’autorità civile sono entrati in contrasto con i coloni a causa dello smantellamento dell’avamposto illegale di Havat Gilad. Due notti dopo, in una rappresaglia, un’abitazione palestinese è stata attaccata con bombe incendiarie.

Il 3 marzo la scuola superiore di Einabous è stata evacuata. Cinque giorni dopo i coloni hanno estirpato 500 alberi d’olivo nel villaggio di Qusra, 10 kilometri a sud di Nablus. Oggi [12 marzo NdT] sono stati sparati dei colpi d’arma da fuoco verso un pullman ad est di Qusra, vicino l’insediamento di Migdalim.

Le origini

Itamar è stata fondata nel 1984 dai membri della comunità d’insediamento di Amana. Battezzata con il nome del nipote di Mosè che è seppellito nel villaggio palestinese di Awarta, Itamar ha poco più di 700 abitanti, secondo il database militare israeliano sulla costruzione e l’espansione delle colonie divulgato da Haaretz due anni fa.

Nel loro libro «Lords of the Land» sulla storia del movimento delle colonie, Idith Zertal ed Akiva Eldar sostengono che la «colonia di fanatici» di Itamar fosse parte di un disegno sionista sostenuto per più di un decennio dall’elite politica di Israele.

«Tutti i primi ministri ed i ministri della difesa israeliani dall’inizio del secondo millennio o hanno fallito nelle trattative con gli avamposti o non hanno voluto propri iniziare a relazionarcisi – hanno scritto in «Lords of the Land» – la catena amebica che si dilunga tra parecchi chilometri di avamposti satellite di Itamar è nata ed è stata legittimata ne [l’accordo sugli insediamenti siglato dal Primo Ministro Ehud Barak nel 2000].»

«La mancata evacuazione degli avamposti non proviene né dell’anarchia, né del lassismo, né dalla perdita di controllo sui coloni da parte del governo…è piuttosto una politica calcolata e ben calibrata secondo la quale il mostrare confusione ed imbarazzo è una copertura perfetta.»

Gli insegnamenti di Avichai Ronsky

Ad Itamar la vita spirituale è imperniata su Avichai Ronsky, l’ex Rabbino Capo dell’esercito. L’anno scorso è stato rimosso dall’incarico quando Breaking the Silence, Haaretz e Rabbis for Human Rights hanno chiesto la sua rimozione in seguito a segnalazioni sul fatto che durante l’Operazione Piombo Fuso avesse fatto circolare tra i soldati degli opuscoli inneggianti all’odio. Come Rabbino Capo dell’esercito Ronsky ha modificato l’esatta natura del suo incarico mettendo insieme il fervore militare con il fondamentalismo religioso.

Secondo un editoriale del Jerusalem Post «Ronsky ha sostituito la vecchia figura del cappellano delle Forze d’Occupazione Israeliane, uno scialbo funzionario religioso che assolveva gli aspetti cerimoniali dell’adesione alla religione ebraica – la distribuzione del vino, la supervisione kashrut, la guida della preghiera – con quella del rabbino combattente che univa l’esperienza sul campo di battaglia con la formazione religiosa per rendere le fonti tradizionali ebraiche utili a convincere i soldati – sia laici che religiosi – degli scopi della battaglia.»

Israel National News ha citato la dichiarazione di un ufficiale che ha detto che «[Ronsky] ha causato una rivoluzione nel rabbinato militare, ha coinvolto gli studenti della Torah con le loro brigate ed è andato sul campo con i combattenti.»

Dei veterani e Breaking the Silence hanno consegnato alla stampa gli opuscoli sull’invasione di Gaza, e sostengono che il rabbinato di Ronsky incoraggiasse i soldati ad ignorare le norme internazionali di guerra sulla protezione dei civili tramite, tra gli altri, Moshe ben Maimon, un filosofo ebreo del dodicesimo secolo: «Non bisogna lasciarsi sedurre dalla pazzia dei Gentili che hanno pietà per il crudele.»

Haaretz ha chiesto le dimissioni di Ronsky definendolo un «un estremista hozer b’tshuva» cioè una persona religiosa da poco. «Sotto l’egida del rabbino capo dell’esercito i soldati [israeliani] sono esposti alla propaganda razzista e sciovinista, e ciò è illegale.»

Per adesso Ronsky rimane con la sua comunità addolorata, riprendendosi dalla perdita di cinque amici. Forse sta predicando la pace, ma la grande paura è che il «rabbino combattente» esigerà il fio.

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