Esclusivo: il Jihad Islamico ripensa al suo ruolo nella politica palestinese

Nostra traduzione da Al-Monitor
di Asmaa al-Ghoul

Il secondo di quattro resoconti da Gaza sul movimento del Jihad Islamico. Asmaa al-Ghoul tratta del sempre più grande coinvolgimento del movimento nella vita civile e politica, tra cui le elezioni comunali.

L'ex prigioniero Ibrahim Baroud saluta la folla al suo arrivo a Gaza City l'8 aprile 2013. Baroud, che è stato condannato per la sua affiliazione con il gruppo armato del Jihad Islamico e per aver condotto operazioni armate contro Israele, è stato liberato dopo aver trascorso 27 anni in carcere. (photo by REUTERS/Mohammed Salem)

L’ex prigioniero Ibrahim Baroud saluta la folla al suo arrivo a Gaza City l’8 aprile 2013. Baroud, che è stato condannato per la sua affiliazione con il gruppo armato del Jihad Islamico e per aver condotto operazioni armate contro Israele, è stato liberato dopo aver trascorso 27 anni in carcere. (photo by REUTERS/Mohammed Salem)

Per decenni il movimento del Jihad Islamico Palestinese (JIP) ha affermato che l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) non lo rappresentava, in quanto era in disaccordo con le fazioni che la componevano politicamente ed culturalmente – fino a che l’accordo del Cairo del 2005 non ha mutato questa presa di posizione. Il JIP si disse d’accordo con le altre fazioni, tra cui Hamas, a sviluppare e a far funzionare l’OLP su una base consensuale in modo da comprendere tutte le fazioni. Le parole si sono trasformate in fatti nel 2012 con la partecipazione del JIP alle sessioni di riforma ed il suo annuncio di correre per le elezioni del Consiglio Nazionale.

Per la prima volta lo scorso febbraio il JIP ha esortato i suoi membri ad iscriversi nel registro elettorale. Questo è stato un altro segnale di cambiamento della posizione politica del movimento che dimostra che si sta muovendo per aumentare il suo coinvolgimento nella vita politica e civile.

Il JIP e l’OLP

Khaled al-Batesh, un dirigente del JIP, crede che il coinvolgimento nell’OLP non significa che si parteciperà alle elezioni parlamentari o presidenziali e che le possibilità di un coinvolgimento politico sono lontane in quanto l’autorità nazionale e gli attuali governi sono i frutti degli Accordi di Oslo, che riconoscono lo stato di Israele. Batesh crede che la cooperazione politica sarà possibile solo dopo aver interrotto gli Accordi di Oslo ed aver abbracciato un nuovo punto di riferimento.

Batesh ritiene che l’ingresso [del JIP] nell’OLP è condizionato dalla riorganizzazione di quest’ultima e dal successo nell’avvio dei colloqui a cui il JIP sta partecipando con i suoi dirigenti più importanti. Ha posto l’accento sul fatto che loro non hanno assolutamente nessun problema nel riconoscere l’OLP e che non ci sono in conflitto, anzi loro considerano le sue fazioni come dei fratelli che combattono Israele. Batesh vede l’organizzazione come una casa palestinese che ha stanze per tutti, a patto che non ci sia qualcuno che provi a monopolizzare le decisioni o a compromettere i principi nazionali.

Secondo il libro di Nazem Omar, L’ideologia politica del Movimento del Jihad Islamico Palestinese, edito nel 2008, il JIP pensa che considerare l’Islam come un’ideologia sia una delle chiavi della resistenza per raggiungere la vittoria ed il risveglio della nazione islamica, mentre alcuni fazioni trattano la religione come una questione personale che non ha nulla a che fare con la lotta. Inoltre l’OLP fu un prodotto del sistema arabo ufficiale, nato dalla risoluzione 1/1964 emessa dal summit della Lega Araba. Tutti questi fattori hanno creato delle divisioni tra il JIP e l’OLP, anche se il movimento ha sempre ritratto gli aspetti positivi della fondazione dell’OLP, soprattutto ai suoi inizi quando cercava di crearsi un’identità indipendente.

Per ritornare all’intervista con Batesh: egli ha affermato che la partecipazione alle elezioni del Consiglio Nazionale dell’OLP non sarebbe così facile perchè dipende da numerose condizioni, tra cui la riforma dell’organizzazione, un accordo su un programma nazionale palestinese che includa i metodi di gestione degli affari interni e del conflitto contro Israele, oltre  alla salvaguardia dei principi nazionali e del diritto di resistenza.

Batesh afferma che nel caso si raggiungano queste condizioni il JIP entrerà nell’OLP. Altrimenti continueranno a gestire le relazioni nazionali da membri esterni, come hanno fatto fino ad ora con tutti i partiti nazionali ed islamici.

Hassan Abdo, un analista politico del Center for Palestine Research and Studies, crede che il JIP non abbia riserve sulle elezioni dell’OLP, dato che vengono viste come una struttura che riunirà insieme il popolo palestinese bisognoso di una leadership e di avere dei punti di riferimento comuni, soprattutto ora che la sua popolazione in giro per il mondo ha superato gli 11 milioni. Abdo fa notare che il JIP sta cercando di essere un progetto onnicomprensivo e realistico avvicinandosi alle aspirazioni del popolo.

Le elezioni comunali

Batesh ha anche confermato che ai jihadisti è stato detto di iscriversi nel registro elettorale, tenendo conto che questo è un diritto che potranno usare in futuro. Ha anche osservato che dopo l’iscrizione potranno partecipare alle elezioni del Consiglio Nazionale dell’OLP e alle elezioni dei consigli comunali. Inoltre ha notato che per i membri del JIP era fondamentale iscriversi al registro elettorale, dato che ciò gli permetterà di esercitare il loro diritto [di voto] quando sarà necessario.

Ha anche ripetuto che la possibilità che partecipino alle elezioni del Consiglio Nazionale non significa che concorreranno alle elezioni presidenziali o legislative. Ha indicato che in passato hanno partecipato alle elezioni municipali ma sempre con singoli candidati indipendenti. Quando verrà il periodo elettorare penseranno meglio a come compiere questo passo.

Quando gli viene chiesto se l’ala militare del movimento fosse d’accordo con questo passo ci risponde che “Il JIP non fa distinzioni tra i suoi militari ed i politici. Noi siamo prima di tutto contro Israele, e su questo punto non c’è assolutamente nessun disaccordo. La decisione viene demandata all’ufficio politico e viene presa attraverso delle negoziazioni negli uffici di comando. Come siano organizzati questi centri è una questione interna.”

Khoder Habib, un dirigente del JIP, non ritiene che sia vergognoso partecipale alle elezioni del Consiglio Nazionale e a quelle municipali. Il JIP è un movimento di resistenza e lo rimarrà. Contemporaneamente ha una visione globale e comprende che il suo messaggio deriva dall’Islam in modo da includere, mescolare e coordinare aspetti politici, sociali e militari. Pertanto il movimento possiede un programma variegato in quanto è parte della società palestinese.

Riguardo il dilemma del JIP su se partecipare o meno ai consigli locali e municipali, Habib sottolinea che le elezioni locali avvengono in modo tale da non mettere in imbarazzo il movimento. Dopo tutto i consigli, che sono associati al governo locale che è esso stesso parte dell’autorità nazionale creata dagli Accordi di Oslo, hanno lo scopo di servire il popolo — un obiettivo sostenuto dal JIP. Habib ha affermato che [questi consigli] non hanno alcuna dimensione politica.

La resistenza.

Nel suo libro “Il movimento del Jihad Islamico in Palestina: Fatti ed Attitudine“, pubblicato nel 2007, il segretario generale del JIP Ramadan Shalah ha parlato della nascita del movimento.

“Inizialmente questo progetto è stato avviato alla fine degli anni ’70 da un movimento di studiosi che raggruppava decine di studenti universitari in Egitto ed era guidato da dottor Fathi Shaqaqi. Verso la metà degli anni ’80 vennero formate le prime entità militari che iniziarono le loro azioni di resistenza contro l’occupazione nella Striscia di Gaza. Questo movimento è stato incentivato dal fatto che gli islamisti sventolavano la bandiera dell’Islam e non si occupavano della Palestina, mentre i gruppi della resistenza e di civili tenevano la bandiera della Palestina e della militanza armata ma senza avere considerazione alcuna per la loro identità islamica ed il loro credo.”

Quando parla della resistenza Batesh afferma in maniera risoluta: “Nessun popolo al mondo si arrenderebbe all’occupazione e all’oppressione senza ricorrere alla resistenza contro l’ingiustizia. Quindi la resistenza è stata qualcosa di imposto dalla necessità di prendere posizione contro l’occupazione che sta sulle nostre terre da sessantacinque anni. La resistenza continuerà anche se l’occupazione finisce ed un altro stato, che possa essere il Regno Unito o qualsiasi altro, occupi la Palestina. La Resistenza è legata alla presenza dell’occupazione e dell’ingiustizia.”

Inoltre Batesh spiega che la bandiera della resistenza rimarrà alta finchè ognuno non raggiungerà uno stato di convinzione tale da far raggiungere l’indipendenza. Solo allora penseranno ad altre opzioni di collaborazione politica e nazionale.

Abdo crede che il JIP stia concentrando i suoi sforzi sul potere e non sullo stato, che è un concetto pieno di vincoli che limita le aspirazioni del popolo palestinese ed impedisce la liberazione della terra. […]

Abdo ritiene che le posizioni del JIP siano diverse da quelle degli altri movimenti islamisti, come la Fratellanza Musulmana che ha acquisito il potere di recente. Egli afferma che “le loro posizioni sono totalmente diverse.  I mutamenti politici ed intellettuali provocati dal JIP alla fine degli anni ottanta ha mutato il volto del movimento islamico e lo ha indotto a lottare contro l’occupazione per completare la liberazione. Le elezioni sotto occupazione andranno contro l’opzione della resistenza. Inoltre Israele è sempre in due condizioni: o è in guerra oppure è in preparazione di una guerra. Per questo date le circostanze la presenza della resistenza è sempre giustificata”.

(CONTINUA)

Asmaa al-Ghoul è una giornalista e scrittrice proveniente dal campo profughi di Rafah, Gaza.

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